Metilene Edizioni inaugura la collana Aritmie, curata da Paolo Albani e dedicata a “scritture anomale”, ovvero testi che abbracciano il surreale, il comico e il visionario, con la pubblicazione di Ed è subito pera e altri epigrammi, una raccolta di epigrammi firmati da Gino Patroni, fra i più grandi epigrammisti del Novecento italiano. Abbiamo intervistato Monica Schettino, curatrice dell’antologia e autrice di un’approfondita introduzione, che ci accompagna alla scoperta, o riscoperta, di un autore che ha saputo giocare con il linguaggio, unendo ironia e malinconia in brevi componimenti incredibilmente attuali e contemporanei.
Com’è nato il progetto di questa antologia, che riprende il titolo dal celebre Ed è subito pera del 1959?
L’idea iniziale nasce un paio di anni fa, da un mio articolo scritto per il “Domenicale” della Gazzetta di Parma. L’occasione era stata data dalla ricorrenza della scomparsa di Gino Patroni (avvenuta nel 1992); quello fu per me l’avvio di una ricerca sfociata, ora, nel volume. Recuperare le informazioni, i libri (alcuni introvabili), la biografia e la bibliografia su Patroni mi ha permesso di comprenderne l’importanza, il segno profondo che ha lasciato nella letteratura umoristica italiana. Parlare inoltre con le persone che lo hanno conosciuto e studiato, come Filippo Paganini che ha scritto una sua biografia, è stato infine il modo migliore per conoscere il personaggio e il ricordo vivo che ancora oggi, alcuni, conservano di lui a La Spezia, dove Patroni ha sempre scelto di vivere. L’idea di trasformare tutto questo in una raccolta vera e propria è nata dall’amicizia e la collaborazione con Paolo Albani, ideatore e curatore della collana Aritmie. Entrambi siamo estimatori di Patroni e abbiamo pensato che fosse giunto il momento di riportare alla luce i suoi epigrammi, per dargli il giusto valore, per farli arrivare di nuovo a un pubblico più ampio perché molte delle sue opere non sono più in commercio e si trovano solo tra i libri usati. Per esempio, la prima edizione dei suoi epigrammi, Aritmie (da qui il nome della collana) è stata pubblicata a Sarzana, ma ne esistono pochissime e costosissime copie, solo nel mercato dell’antiquariato. In questo modo oggi Patroni è di nuovo nelle librerie, pronto a far ridere e sorridere tutti, in un volume economico e tascabile edito da Metilene.
Com’è stato ripercorrere la vita e le opere di Patroni?
È stato entusiasmante e divertente perché gli epigrammi di Patroni contengono giochi di parole, nonsense, cambi di prospettiva improvvisi e calembour. Rileggendoli mi è stato impossibile non ridere. Patroni amava demistificare, capovolgere il punto di vista, scherzare su se stesso e anche sugli eventi che hanno segnato la sua vita, a volte in maniera drammatica. È morto solo, in casa, dove non aveva mai voluto avere il telefono. Per ricevere le telefonate di lavoro andava al bar Peola di La Spezia, dove tutti lo conoscevano e dove oggi in suo ricordo è stata posta una targa. Patroni ha avuto una vita difficile, ma riusciva a strappare una risata a tutti, agli altri ma anche a se stesso. Raccontava ad esempio del suo internamento in Germania, durante la guerra, con frasi del tipo: “sono stato in Germania con una borsa di studio del nazionalsocialismo per fare apprendistato”; e di sé diceva: “il mio domicilio è a La Spezia spesso al reparto neuro dell’ospadale civico”.
Nel saggio introduttivo definisci Patroni “un umorista fatto della stessa sostanza dei segni”. Cosa rende il suo umorismo così unico e fuori dagli schemi?
Il punto di forza di Patroni è il suo geniale utilizzo del linguaggio per cui gioca continuamente con il significato e con il significante delle parole. Un esempio perfetto è il celebre Ed è subito pera, un gioco di parole che trasforma i versi poetici di Salvatore Quasimodo in qualcosa di completamente diverso, legato alla sua esperienza nelle mense popolari. Patroni ha vissuto per alcuni periodi ai limiti della povertà, così andava a mangiare alla mensa popolare dove c’era un solo pasto, triste e modesto, la minestra poi, subito dopo, la pera cotta. Questo gli ha fornito l’idea per “subito pera”, un banalissimo ma geniale scambio di consonanti “s/p”. Patroni non ridicolizzava, si divertiva a manipolare la lingua per creare effetti fulminei, dando vita a nuovi significati. Le sue battute non erano solo scritte: le viveva, le regalava spontaneamente, spesso annotandole su piccoli biglietti o sui tovaglioli del bar per poi distribuirle agli amici. Era un umorista autentico, che non aveva bisogno di uno schermo letterario per esprimere la sua visione del mondo.
Il tono di Patroni oscilla tra l’ironia, il sarcasmo e una certa malinconia, soprattutto quando riflette sulla condizione umana.
La vita di Patroni è stata segnata dalla depressione, una condizione di cui non faceva mistero. Lui stesso scherzava sulla sua malattia, dicendo di passare più tempo nel reparto psichiatrico dell’ospedale che a casa. Questa malinconia si rifletteva nella sua scrittura, che spesso oscillava tra ironia e riflessione, quasi a voler esorcizzare una condizione umana che era in primis la sua.
I componimenti raccolti in Ed è subito pera e altri epigrammi raccontano qualcosa che ci è molto vicino e contemporaneo. Cosa li rende così familiari?
Gli epigrammi di Patroni parlano di situazioni che tutti possiamo riconoscere. Anche quando scherza su fatti contingenti o nomina i politici del suo tempo, i temi restano universali: la vita di tutti i giorni, la cronaca nera, il calcio. Il suo modo di osservare la realtà toglie ogni filtro. Patroni sapeva cogliere l’assurdo nella quotidianità. L’esistenza così è, per tutti, più lieve.
Patroni rientra nella grande tradizione epigrammatica, ma contemporaneamente se ne distacca grazie al suo uso del nonsense. Come si è sviluppato il suo stile?
Lo stile di Patroni si è formato in modo spontaneo, a partire dalla sua amicizia con Giancarlo Fusco, con cui frequentava i cabaret di La Spezia. A un certo punto, Patroni iniziò a vendere le sue battute a comici come Ugo Tognazzi e Raimondo Vianello che le usava negli sketch televisivi. Ma il vero punto di svolta è stato l’incontro con Marco Carpena, editore di Sarzana, che lo ha incoraggiato a raccogliere i suoi epigrammi in volume. È uno stile nato dal bisogno di esprimersi, poi diventato forma poetica. Una vena comica innata che riversava nei suoi testi.
Gino Patroni è stato giornalista e nella sua vita ha lavorato per molte testate. Il giornalismo ha avuto un ruolo importante nella sua produzione?
Sì, senza dubbio. Molti dei suoi epigrammi nascono da fatti di cronaca, a volte inventati o resi, per iperbole, assurdi. Patroni amava inventare le notizie, come quando raccontò la storia di Franz Müller, un globe trotter tedesco di origine alsaziana che, dopo essere stato investito da un’auto in viale San Bartolomeo (a La Spezia), era rinvenuto parlando francese. Queste notizie venivano prese sul serio dai giornali e lui si divertiva a vedere come il sistema crollasse, velocemente. Anche nel giornalismo sportivo, che era parte del suo lavoro, riusciva sempre a inserire il suo tocco ironico e dissacrante.
Il libro inaugura la collana Aritmie. Cosa rappresenta questo titolo?
Il titolo Aritmie riflette bene il senso di irregolarità e imprevedibilità che contraddistingue sia la vita e la scrittura di Patroni, sia la direzione che Paolo Albani ha voluto imprimere a questa collana. In questo senso si darà spazio ad autori che, come lui, hanno un modo unico e surreale di osservare il mondo, con testi che sorprendono per il loro ritmo irregolare, comico e malinconico, allo stesso tempo.