Il 12 ottobre prossimo sarà presentato Reverse (Metilene Edizioni, 2024) dell’artista pratese Chiara Bettazzi, un’opera che accompagna e approfondisce i temi dell’omonima esposizione presso la Tenuta Dello Scompiglio. Questo progetto, che si muove tra installazioni, fotografia e pratiche condivise, non è solo una riflessione sull’arte, ma una vera e propria indagine sulle dinamiche percettive che legano lo spettatore, lo spazio e l’oggetto.
La poetica dell’accumulo e dello scarto
Il lavoro di Bettazzi è caratterizzato da una dialettica tra accumulo e scarto. L’artista trasforma oggetti comuni, privandoli del loro significato simbolico e riproponendoli in una nuova veste, spesso giocando sul concetto di obsolescenza. La sua pratica artistica si basa su una continua manipolazione e riconfigurazione dello spazio attraverso gli oggetti, che vengono riutilizzati fino al loro completo consumo. Reverse diventa il racconto di un processo di trasformazione in cui nulla si perde, ma tutto si rigenera, evocando una riflessione profonda sulla nostra società e sul valore degli oggetti che ci circondano
L’evoluzione della natura morta
Il titolo del libro e della mostra non è casuale. Bettazzi prende ispirazione dal concetto classico di natura morta, reinterpretandolo e aggiornandolo attraverso la lente dell’arte contemporanea. Nella sua visione, la natura morta diventa una metafora per esplorare la fragile relazione tra l’uomo e gli oggetti, tra il passato e il presente. L’esposizione Reverse è stata pensata specificamente per lo spazio della Tenuta Dello Scompiglio, dove l’artista ha creato una serie di installazioni site-specific che giocano con l’illusione ottica e con la percezione dello spettatore. Lo spazio espositivo viene diviso in due punti di vista opposti, che rimandano al fronte e al retro di una tela pittorica. Questo gioco di prospettive crea un dialogo tra il reale e l’illusorio.
La materialità dell’arte
Uno degli aspetti più affascinanti di questo lavoro è il modo in cui Bettazzi riesce a trasformare le cose in strumenti per “disegnare” lo spazio. La sua arte è strettamente legata alla materialità degli oggetti di uso quotidiano, che vengono privati del loro significato originario e inseriti in un contesto nuovo. L’artista non impone significati o interpretazioni, ma lascia che siano gli oggetti stessi a suggerire nuove letture. Questa apertura interpretativa consente allo spettatore di trovare un proprio spazio di riflessione all’interno delle opere.